Lettera 101

Castelnuovo, 15 luglio 1523, al Duca Alfonso I d’Este

Dopo aver riportato al Duca una fitta serie di comunicazioni di servizio (sempre inerenti le questioni territoriali), Ariosto confida al signore di essere molto preoccupato per la possibilità di diffusione della peste, in quanto, contrariamente alle sue disposizioni, molti contadini che hanno lavorato nella campagna romana o in Maremma sono riusciti a tornare nelle loro case in Garfagnana, trasmettendo spesso il morbo ai loro familiari. Quanto all’ordine pubblico, il commissario ripete al Duca che per ‘domare’ la Garfagnana basterebbe qualche decina di fanti da affiancare ai suoi balestrieri: non c’è infatti bisogno di mettere a ferro e fuoco un’intera regione per qualche manipoli di banditi e banditelli (giottoncello). Antonio da Cento, il comandante dei balestrieri, ha infatti chiesto a Giovanni Ziliolo una ventina di fanti per prendere i banditi che si trovano in Cicerana, i quali però, avvertendo il pericolo, hanno trovato rifugio in Lombardia.


Illustrissimo et excellentissimo Domino D. meo sing.mo Duci Ferrariae etc. Per Postas.

Illustrissimo et excellentissimo Signor mio. Per uno mandato da la Vicaria di Camporeggiano mandai a vostra excellentia una lettera de li Signori fiorentini et una de li Signori luchesi. Credo che lo exhibitore di questa sarà uno mandato da li homini di Vagli di sopra, alli quali, come per altre mie ho scritto a vostra excellentia, da li homini di Pietrasanta è usata gran violentia. Vostra excellentia farà vedere li loro instrumenti, et ancho si degnerà pigliarne informatione dal Magnifico m. Augustino da Villa, il quale intendo che già fu sul fatto e se ne chiarì benissimo: poi quella farà e commetterà secondo il suo parere. Ho poi havuta una di vostra excellentia di 10 di questo, et insieme una direttiva alli Signori luchesi. Quella che va a’ luchesi, per li homini medesimi di Vallico che ne sono stati portatori ho mandata a Lucca, e ne aspetto risposta; io mandai ancho l’altra ch’io hebbi a’ dì passati, e credo che quella che io ho mandata per l’homo da Camporeggiano sia la risposta. Se li prefati Signori luchesi faranno il lor debito, n’havrò piacere; quando ancho non lo facciano, non mancherà per me; poiché io so la intentione di vostra excellentia di portarmi con loro come essi si portaranno con noi, se faranno represaglia di nostre robe o nostri homini, farò altretanto a loro. Circa alle novelle da Pisa, poco si può intendere di verità, perché vi è la peste. Io non lascio intrar qui persona che venga di là, né alcuno de’ nostri andare a quella via. Noi semo stati in gran pericolo circa la peste, perché questi contadini, fatto Pasqua, hanno usanza di andare in gran quantità su quel di Roma e ne le Maremme a guadagnare, e poi, segati li grani, tornano a casa, e nel ritorno molti hanno seco il morbo. Io ho durato grandissima fatica a far che non sieno ricettati ne le lor terre, ma confinati chi qua chi là, e provisto lor al bosco de li lor bisogni; pur non ho possuto proveder tanto che molti furtivamente non sieno andati alle moglie et alle lor case, et in una de le Terre Nove detta Roggio si è attaccata la peste, sì che sùbito ne son morti nove. Provisioni grandi se gli sono fatte e fanno tuttavia, e spero che non si dilaterà più inanzi. Questi Maremani han fornito di venire, sì che non habbiamo dubbio di peggio. Sia come si voglia, n’ho voluto dare aviso a vostra excellentia. Circa a quanto vostra excellentia mi commette ch’io l’avisi di che genti io havrei bisogno per rasettare questo paese, io n’ho già dato aviso a m. Zan Ziliolo, e forse esso havrà mandata la mia lettera a vostra excellentia; pur lo scriverò ancho a quella. Qui non è alcuna terra ribelle che si bisogni brugiare o saccheggiare, né alcuno capo di parte c’habbia séguito di 200 o di 300 homini, sì che per questo sia bisogno mandare exercito di qua. Qui sono quelli del Costa che sono circa sei; li figlioli di Pelegrino dal Silico altretanti, e qualche altro giottoncello che li séguita da Barga e da Somocologna, che senza l’aiuto de’ lombardi non ponno far gran squadra; e quando hanno havuti li lombardi con loro, cioè quelli Pacchioni et alcuni da la Temporia, non sono arrivati a cento, ma spesso sono stati in trenta o in quaranta. Io so che, come s’intenda che m. Zoanne sia per passare o mandar gente di qua, si leveranno, né, finché ci stia, ci appariranno: ma non sì presto sarà partito che saranno qui, né altra punitione si potrà dar loro, se non di mettere le mani adosso a’ loro padri, fratelli e parenti, e non li lasciare che non diano sicurtà che non torneranno li malfattori nel paese. A quelli che non hanno padre, saccheggiare le case, e poi arderle e spianare, tagliar le viti e gli arbori e distruggere li lor luoghi, ch’ogni modo non si potria trovar chi li comprasse, né haver se ne potria frutto per la Camera; et ancho saria forse bene di non haver rispetto in questo alli padri né alle mogliere, per dar lor punitione che, contra tante prohibitioni di vostra excellentia, han sempre dato lor recapito. Poi saria bene batter per terra tutti li campanilli, o vero aprirli, di sorte che non potessino dar ricorso alli deliquenti: et similiter le ròcche che vostra excellentia non vuol far guardare, o saltem alcuna, come quella di Dallo, dove quelli del Costa signoreggiano. A far tutte queste cose basteriano cento fanti,et ancho cinquanta; li cavalli qui ponno far poco frutto: pur, questi pochi che ci habbiamo, con li fanti, saranno a sufficientia. Io mandai hieri questo capo di cavalli liggieri che sta qui, cioè Antonio da Cento, a parlare a m. Giovanni Ziliolo, per vedere se potesse havere fin a 20 fanti, per tornare secretamente di notte, e provare se potesse havere in Cicerana questi banditi: non so quello che sarà, pur dubito più del non che io spieri del sì, perché, poi che sentono questa furia in Frignano, stanno tuttavia su l’ale. M’era stato detto che volevano andare a trovare m. Giovanni, et io lo haveva avisato: e si mossono, e poi sono tornati indrieto. Quelli del Costa intendo che sono passati in Lombardia a danno de le reliquie di Domenico di Amorotto: non so se vostra excellentia havesse modo di farli pigliare là, che saria una salutifera opera: impiccati che fossino 10 ribaldi di questo paese, il saria tutto risanato. Il barigello di Lucca hoggi è venuto a Gallicano con commissione da’ suoi Signori di far quanto io gli comandarò, e gli è accaduto venire in tempo che’l nostro Capitano di balestrieri non ci era. Mi ha scritto e rescritto, e semo d’accordo che ad ogni mia richiesta tornerà; io lo havrei fatto aspettare, ma essendo scoperta la sua venuta tutti li tristi havran sgombrato. Io gli ho mandata una nota del nome di questi banditi: mostrano le lettere sue che ci viene di buono animo, e così ancho le lettere che sopra ciò m’hanno scritto li signori luchesi. Altro non occorre: a vostra excellentia mi raccomando.

Castelnovi, 15 Iulij 1523.
Servitor Ludovicus Ariostus.

METADATI

  • Mittente: Ludovico Ariosto
  • Destinatario: Alfonso I d’Este
  • Data: 15 luglio 1523
  • Luogo di spedizione: Castelnuovo
  • Collocazione: ASMo, Archivio segreto estense, Cancelleria, Archivio per materie, Letterati, b.3, fasc. 30.