Lettera 135

Castelnuovo, 12 gennaio 1524, al Duca Alfonso I d’Este

In questa lettera veniamo a conoscenza dei difficili rapporti che intercorrevano tra Ariosto e il Capitano della Ragione preposto a redimere le controversie giudiziarie. Ad Ariosto era stata concessa dal Duca la possibilità di giudicare insieme al Capitano per far sì che i sudditi non fossero costretti a pagare i «dispendii de la iustizia» ossia le «spese processuali» ma questa concessione era stata revocata da lì a poco, evidentemente per le pressioni dello stesso Capitano che temeva di veder ridotto il suo potere. Ariosto si abbandona ad una lunga protesta contro il Capitano, descritto come persona ambiziosa e avida, e con cui aveva avuto non pochi problemi circa le reciproche attribuzioni in varie questioni. Il Nostro non è tanto interessato al danno economico che questa vicenda gli arreca, quanto a quello morale: la revoca dell’incarico lo colpisce nell’onore anche perché la notizia della sua nomina era già circolata. La lettera si chiude con un appello accorato da parte di Ariosto che chiede al Duca di cambiargli incarico e destinazione.


Illustrissimo et excellentissimo Domino domino meo sing.mo D. Duci Ferrariae. Ferrariae.

Illustrissimo et excellentissimo Signor mio. Ho visto quanto vostra excellentia mi commette c<irca la lettera per> la quale a’ dì passati ella m’havea dato authorità di pot<er fare accordi> e compositioni, acciò che questi subditi fuggissino li dispendio <de la iustitia>, e che, s’io l’ho fatta registrare, ch’io la cancelli. Io semp<re ubidirò a vostra excellentia>, o vengamene honore o biasmo, pur io dirò questo: ch’io non havuto consideratione in quanto vilipendio mi sia per porre vo<stra excellentia pur di> satisfare alla ambitione et avidità del capitano, il quale non s<i accontenta di> far solo l’officio suo e buona parte del mio, ma vorebbe che <si facesse a lui> ricorso d’ogni cosa, né io facessi alcuna cosa se non con lo ter<mine che lui mi> dessi, e mai non cessa d<i> smaccarmi ne l’honore dove possa: <dove invece mi> smacca nel guadagno, ne tengo poco conto. Io l’ho lasciato far<e cose> pel passato che a me s’appertenevano, credendo che andassi a buo<n fine, e che> li bastassi che’l guadagno fosse suo, senza volere ancho tutto l’hon<ore e lasciar a me la> vergogna, e parte ancho l’ho fatto per non contendere con lui <e poter vivere in> pace; ma io non ho già mai impedito lui nel suo officio, se non <quando talvolta> mi sono interposto d’accordare alcuni poverhomini per non li lasciare s<enza difese>, sempre senza alcun mio guadagno, come me ne sarà sempre <buona testimone> tutta questa provincia. Ma esso, che di tal cose havria saputo, e <bene, trarre> guadagno, per smarire che alcuno non venisse a me, n’aver <già fatto> condennare alcuni di questi che venivano in venticinque lire, per <disubbidienti alli> statuti; la qual cosa arrecandomi io a vergogna, have<vo scritto a> m. Bonaventura, perché la facesse intendere a vostra excellentia, e <che quella> mi chiarisce se le pareva che io m’interponessi in alcuna c<ontroversia; non> le parendo, mi bastava d’ haver nuova scusa, ché non per m<io guadagno o> per lasciarmi uccellare dal capitano, ma per volontà di vostr<a excellentia, io mi> pigliavo simili fatiche. Parve a quella di far scrivere la <lettera che mi fece> scrivere, e che hora io le rimando, la quale, come io hebb<i ricevuta> la commissione, feci registrare nel libro de li statuti, dove ; la quale cosa essendo già passata in notitia di tutta questa pr<ovincia>, <mi> fa cancellar detta lettera. Vostra excellentia può ben vedere quan<ta vergogna me> n’habbia da seguire, maxime che’l capitano farà questa cosa in a tutto il mondo che m’habbia fatto parere una bestia. H vostra excellentia che al capitano non vorà ch’io volontà che questa lettera si cancelli di su il registro, lo può <fare, non già con mio> biasmo, ma più presto con mio honore; <e cioè di>ferendosi a far tal cancellatione, finché io esca di officio: <frattanto io> non mi interporrò in alcuna cosa, sì che il capitano si <debba lamentare> ch’io gli turbi il suo guadagno; poi alla mia partita, rievocando <vostra excellentia una> tal lettera, non si farà carico ad alcuno, anzi io ne guadagnerò qualche <honore, parendo> che quella habbia havuto in me quella fede che poi non vorà havere ne<gli alt>ri. E perché vostra excellentia non creda che questo habbia ad essere lungo tempo, s<i> ricordi che a’ sette giorni de febraio proximo saranno compiuti <dui> anni ch’io sono in questo officio; il quale volentieri muterei in uno dove io fossi più vicino a quella, quando con sua bona gratia <p>otessi farlo, come sarebbe il commissariato di Romagna, ché <per q>ualche pratica ch’io ho pur imparata qui in Grafagnana, mi daria <da sperar>e di far meglio quello officio ch’io non ho saputo far questo. Et in <buona> gratia di vostra excellentia mi raccomando sempre.

Castelnovi, 12 <Ianuarij> 1524.
humillimus Servitor Ludovicus <Ariostus>.

METADATI

  • Mittente: Ludovico Ariosto
  • Destinatario: Alfonso I d’Este
  • Data: 12 gennaio 1524
  • Luogo di spedizione: Calstenuovo
  • Collocazione: ASMo, Archivio segreto estense, Cancelleria, Archivio per materie, Letterati, b.3, fasc. 43.