Lettera 76

S.l., s.d., al Duca Alfonso I d’Este

Ariosto continua a chiedere al Duca di prendere decisioni per riportare l’ordine pubblico in Garfagnana, dal momento che la sua proposta di istituire un battaglione di fanti è stata scartata e che dal consiglio di Camporgiano non hanno votato la sua mozione di mettere una taglia sui banditi. Ariosto desidera ardentemente punire e sconfiggere i rabaldi (e per raggiungere tale scopo sarebbe anche disponibile a guidare personalmente il battaglione di soldati che ha in mente) ma teme di prendere provvedimenti sgraditi al Duca. Ariosto confida al suo signore che, se dovesse assecondare il suo istinto, avrebbe già bruciato le case dei suoi inimici, ma la ragione gli consiglia che è meglio «d’aver li banditi o alcun di essi in mano». Interessante la subordinata costruita alla latina: «cum sit che non debbano aggravarsine».


[AL DUCA DI FERRARA. A FERRARA]

Illustrissimo et excellentissimo Signor mio. Circa a quanto vostra Signoria mi scrive che non le pare che s’habbiano a far quelli fanti né quelli battaglioni, mi rimetto al miglior parer di quella: mi par perhò strano che li forestieri vengano con li banditi di questa provincia in ottanta et in cento, ad ardere et amazzare e saccheggiare il paese, e non sia modo di risponderli; s’io m’havessi saputo imaginare meglior rimedio, io l’haverei proposto. Circa il porre quella taglia, mi par d’haver scritto che in quel consiglio di Camporeggiano non solo non fu concluso di porla, ma né ancho fu permesso che si ponesse a partito, e che quando io mandai per tôrre le fave, tutti catervatim si levaron di consiglio, ma che gli Otto che mi sedevano più appresso mi dissero che io authoritate propria la mettessi, e che poi io la facessi pagare alla sua Vicaria, licet la maggior parte repugnasse poi; e mi dissero appresso che saria buono che io havessi di questo una commissione da vostra excellentia, acciò che gagliardamente io lo potessi exequire, sì che mi parebbe che fusse buono che vostra excellentia mi commettessi per una sua che per una grida da parte sua io mettessi taglia di dieci ducati sopra ciascuno di questi banditi che sono stati assassini, e che poi io la facessi pagare communamente a tutta questa provincia, cum sit che non debbano aggravarsine, essendo per tornare in tanto utile loro, quanto sarebbe extirpando questi ribaldi del paese. Io son ben certo che, anchora che quelli Otto mi dicessino così, che serà fatica che lo vogliano fare, e verranno a querelarsine a Ferrara. Io havevo proposto di far li battaglioni a questo effetto, che quando accade simile cosa, che forse è per accadere più presto e più spesso che vostra excellentia non pensa, e che montando io a cavallo per obstarli, havessi sùbito chi mi seguisse, ché mentre io comando li communi che mi vengan drieto, l’un guarda l’altro, e chi dice che non ha arme e chi truova altra excusa, e se pur vengano, la cosa va in lungo di modo che li banditi han tempo di far li lor disegni e di partirsi a salvamento. S’ancho quando tal cose accadono voglio ricorrere per aiuto dal commissa, non può la venuta essere sì presta né sì segreta che li banditi non habbian tempo di far ciò che vogliono. Quando io non havessi dubitato di errare, havrei havuto il modo di pigliare e di tagliare a pezzi tutti questi ribaldi e la sua compagnia, imperhò che Domenico di Amorotto m’ha fatto per sue lettere intendere che ogni volta che costoro si riducono o a Dallo o a Ponteccio, dove è il lor nido, io lo avisi e gli dia termine dui o tre dì, che verrà con trecento compagni lor da un canto, sì che, con ogni poco di gente con che io mi movessi da l’altro canto, sarei atto o amazzarli o farli dare in mano del lor nimico che li amazzassi. Io ho accettato la proferta, e risposto che quando sia il tempo lo aviserò: pur non lo farei senza saputa e commission di vostra excellentia; né mi parebbe male, quando non si può far altrimente, d’imitar Christo che disse: de inimicis meis cum inimicis meis vendicabo me, avenga che io non habbia Domenico per inimico di quella, se alle parole et alle lettere sue si può dar fede, ché mi scrive che per vostra excellentia è per porre la roba e la vita propria. Suplico quella che circa questo mi risponda, acciò che, tornando questi ladroni, o che io non perdessi tanta occasione quanta saria di pigliarli o d’amazzarli, o che io, credendo di far bene, non facessi cosa contro la volontà di quella. Se non fosse che pur ho speranza o per una via o per un’altra di havere di questi ribaldi alcuno ne le mani, già havrei mandato a tôrre quelli cavalli e fanti che sono in Frignano, et havrei fatto ardere e spianare le lor case; ma perché questa vendetta contra le case si può far da ogni tempo, mi pare che sia meglio attendere e far ogni pruova d’aver li banditi o alcun di essi in mano: e m’è dato intentione per certe spie c’ho messo che n’haverò qualche uno. Io attenderò qualche giorno, e poi manderò a chiamare quelli cavalli e farò quanto da vostra excellentia ho in commissione; ma non so perhò quanto tempo li detti cavalli sieno per stare in Frign, ché già non vorrei, mentre ch’io diferisco a farli , fossino richiamati a Ferrara, e quando io li volessi poi, che mi fossino lontani. Per questo mi parria ben fatto che, se non havessino più da fare in Frignano, che, quando fossino per tornare a Ferrara, più presto venisseno a star qualche giorno in questa provincia, al medesimo modo che stanno in Frignano: pur mi rimetto al parer di vostra excellentia. Circa a quanto quella mi commette, che io non condanni questi communi c’hanno dato ricapito alli banditi, secondo che meritano in effetto, ché se li nostri balestrieri vanno da luogo a luogo non gli dariano un bocal di vino né pur una abbracciata di paglia, et alli banditi portano incontra la vittovaglia senza esser richiesti; io farò quanto vostra excellentia mi commette da qui inanzi, ma la commissione è giunta tarda per quelli del Poggio, che già ho condennati 200 ducati per non havere voluto seguitare il capitano de li balestrieri. Pur la condennatione non è a libro, la qual ho fatta grande sì per terrore de gli altri, sì ancho per più facilmente indurli a pagar il cavallo del balestriero; e se ben li havessi condennati, non era perhò ch’io non credessi che vostra excellentia havesse loro a far la gratia, ma fra tutti almeno erano buoni senza molta contradictione a pagare il cavallo e l’interesse del capitano ferito: ché se vostra excellentia permette che questo povero balestriero resti in danno, tutti gli altri si faranno restij di andare in luogo dove stiano a risco di perdere, e questi villani si faranno ogni dì più insolenti. Circa a quel prete che vostra excellentia mi commette ch’io lo rimetta al vescovo, la mia lettera non è stata bene intesa. Sappia vostra excellentia che questa provincia di Grafagnana è subietta in spiritualibus a dui Vescovi: la Vicaria di Castelnovo e di Trassilico al Vesco di Lucca, quella di Camporeggiano al Vescovo di Luna; e perché, come altre volte credo haver scritto, li peggiori e li più partiali di questo paese sono li preti, essendo io a questi giorni a Ferrara, procurai d’avere lettere di Vostra Signoria, l’una direttiva a l’un vescovo e l’altra a l’altro. Quel di Lucca si è ritrovato essere a Milano, et anchora non ho havuto risposta; quel di Luna rispose la lettera che ha veduto vostra excellentia. Al qual vescovo di Luna non mi accade al presente di rimetterli alcun prete ne le mani, perché non ho alcuno ne la sua diocesi che habbia fallito; ma in omnem eventum gli havevo domandato quella poi testade perché non può star troppo a scoprirsene qualche uno. Quel prete Iob, figliuolo di ser Evangelista, del qual mi son doluto con vostra excellentia che senza haver fatto pace con le donne offese voleva sotto questa ombra di essere prete star in questa terra, è subietto al Vescovo di Lucca, e lui non ho a chi rimettere, perché il vescovo non c’è: il suo Vicario credo ci sia, ma de la ragione che faranno, senza farne altra pruova, ne sono chiarissimo, ché già ho l’exempio di quello che fu fatto a prete Matheo ch’io rimessi lor ne le mani, il quale haveva ferito uno officiale di vostra excellentia e fatto homicidij e mille altri delitti, e non fu pur messo in prigione. Io voglio di nuovo pur dire ancho quattro parole circa questo prete Iob; poi vostra excellentia terminerà quello che le parrà. Credo che sia stato fatto intendere a quella che ha fatto ingiuria a una putana, e per questo paia che sia cosa da passarsene leggiermente. Vostra Signoria intenda che la violentia c’hanno patite queste donne si arreca fra gli altri a grandissima ingiuria uno cittadino qui, detto Acconcio, de li più ricchi e di più parentado e di più credito di questo luogo, imperhò che esso, a parlar chiaramente, è innamorato in questa giovine e l’ha segretamente a suo comando, e di questa cosa era per farne qualche dimostratione di mala sorte, e tanto più che lui è di factione contraria a ser Evangelista, e le nimicitie e parti di questa terra cominciaro fra queste due case, et il detto Accontio reputa per suo dispetto, più che per altra causa, che queste donne sieno state violentate e battute.

METADATI

  • Mittente: Ludovico Ariosto
  • Destinatario: Alfonso I d’Este
  • Data: non precisata.
  • Luogo di spedizione: ignoto.
  • Collocazione: ASMo, Archivio segreto estense, Cancelleria, Archivio per materie, Letterati, b.3, fasc. 21.